Nel caos del dibattito pubblico italiano è tornata la questione della regolarizzazione degli abusi edilizi e della semplificazione delle norme urbanistiche, un tema che – diciamolo – non passa mai di moda. La recente approvazione di un disegno di legge delega ha l’aria di voler dare una svecchiata a un comparto edilizio percepito come spesso lento, troppo complicato. Il governo, sotto la guida del Consiglio dei Ministri, dovrà mettere a punto entro dodici mesi un Codice dell’edilizia e delle costruzioni aggiornato, che mandi in pensione norme sparse e renda più lineari le procedure burocratiche. Insomma, chi opera nel settore e chi abita il territorio sente l’urgenza di una macchina più snella, dove costruire o sanare non sia un percorso a ostacoli e ritardi infiniti.
Intanto, il Ministero delle Infrastrutture ha lanciato una consultazione pubblica, pronta a raccogliere pareri e suggerimenti per delineare un nuovo impianto normativo. Tra i temi più caldi emergono la revisione del principio di doppia conformità – nodo annoso quando si parla di abusi anteriori al 1967 –, una classificazione più chiara delle difformità edilizie, e l’introduzione di procedure più snelle per l’ottenimento dei titoli abilitativi. Non da meno è la proposta di estendere il silenzio-assenso in caso di ritardi della pubblica amministrazione. Segnali che, secondo chi ci lavora dentro, potrebbero finalmente sbrogliare ingarbugliamenti che – soprattutto nelle città – rappresentano spesso una zavorra pesante.
Regolarizzare gli abusi edilizi: scadenze e procedure più chiare
Uno dei passaggi più spinosi riguarda la gestione degli abusi edilizi fatti prima del 1° settembre 1967. Il punto da superare è quello della doppia conformità, una specie di groviglio che obbliga a rispettare contemporaneamente normative edilizie e urbanistiche spesso in conflitto tra loro. Sfoltire questa norma, infatti, serve a muoversi più in fretta e affrontare le irregolarità accumulate nel tempo. Stabilire una linea di confine netta tra abusi antecedenti e successivi a quella data, insomma, è un modo per bilanciare il rigore con la praticità, indicando chiaro quale strada seguire.

Il testo di legge stabilisce anche tempi definiti per concludere le pratiche di condono edilizio, legate ai vari procedimenti passati, un dettaglio che molti cittadini aspettano da troppo tempo senza risposte. E tra le questioni da non sottovalutare la loro influenza sulla compravendita di immobili: velocizzare e rendere meno complicata la sanatoria aiuta a mettere in pari quello che c’è sul territorio e quello che si trova nelle carte, evitando rischi legali o pasticci per chi compra o vende.
Nuovo nodo: la proposta di una classificazione nazionale delle diverse difformità edilizie. Si pensa così di distinguere nettamente tra irregolarità lievi e irregolarità gravi, assegnando a ciascun tipo procedure diverse e accesso, per i casi minori, a contributi pubblici. Le violazioni meno pesanti potrebbero quindi godere di regole più morbide, mentre i casi più serissimi resteranno esclusi dalla possibilità di sanatoria. Non è un aspetto da poco: un avanzamento verso più equità e trasparenza nelle scelte urbanistiche.
Verso titoli abilitativi più agili e uno sportello unico
La revisione intende anche ridisegnare i titoli abilitativi richiesti per i lavori edilizi, con l’idea di renderli più snelli e veloci. Un punto decisivo è chiarire quali interventi possano essere effettuati senza permessi complicati, valorizzando strumenti come la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) e la segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Nel settore si sa che la scelta del titolo conta molto: può voler dire settimane, forse mesi, in meno di attesa per iniziare i lavori.
Si punta anche a stabilire scadenze precise per le risposte degli uffici pubblici e a ridefinire cosa rientri nell’ambito dell’ edilizia libera, cioè quegli interventi con limitato impatto urbanistico. Al centro del progetto, poi, l’idea di uno sportello unico per l’edilizia, un punto solo per cittadini e imprese dove fare tutte le pratiche, coordinate e senza sprechi di tempo. Basta citare città come Roma o Milano per capire quanto sia stata a lungo sentita questa necessità, viste le complicazioni legate agli uffici.
Anche le procedure di cambio di destinazione d’uso entreranno nel rinnovamento: con il principio di indifferenza funzionale tra categorie simili – pensiamo a quella residenziale e al piccolo commercio di vicinato – si aprono più possibilità senza però rischiare maggior impatto ambientale o paesaggistico. I tecnici considerano questa flessibilità una buona opportunità per dare nuova vita agli spazi urbani senza troppi danni.
Digitalizzazione e trasparenza: il fascicolo digitale delle costruzioni
Tra i cardini del cambiamento c’è la digitalizzazione degli archivi edilizi, spesso sparsi e complicati da consultare. L’idea del fascicolo digitale delle costruzioni potrebbe segnare una svolta: in pochi clic si potrà accedere alla storia amministrativa e tecnica di ogni edificio. Un dettaglio non da poco per cittadini, professionisti e amministrazioni pubbliche.
Con questo archivio aggiornato, le verifiche in caso di compravendite o lavori straordinari diventeranno più semplici e veloci, cancellando ritardi o documenti mancanti. A chi lavora nel campo non sfugge l’importanza di poter consultare dati certi in tempi rapidi, per tutelare la sicurezza e la gestione degli immobili.
Al Parlamento, intanto, si discute su un progetto più ampio: un nuovo Testo unico delle costruzioni. Quel testo dovrebbe affrontare anche temi come le distanze minime tra edifici, le responsabilità tecniche e aggiornare le norme da seguire per le opere. Un percorso complesso, che comunque pare l’unico modo per portare un po’ di ordine e modernità in un campo dove di interventi seri ce ne sono voluti, e parecchi.
Tirando le somme, il lavoro di riforma si presenta come la risposta concreta a problemi che, da anni, rendono complicata la vita di chi opera nell’edilizia, ma anche di chi vive nelle nostre città. L’obiettivo è chiaro: semplificare e aiutare cittadini, imprese e amministrazioni a gestire meglio gli edifici e il territorio – senza troppi impicci.
