La Finlandia sfrutta il calore dei data center per riscaldare migliaia di case in modo ecologico

La Finlandia sfrutta il calore dei data center per riscaldare migliaia di case in modo ecologico

Franco Vallesi

Dicembre 19, 2025

Quando l’inverno morde duro in Finlandia, le temperature si trascinano verso il basso e il riscaldamento diventa una sfida quotidiana. Ultimamente, c’è una novità che sta cambiando le carte in tavola: il calore generato dai data center non viene più sprecato. Anzi, viene recuperato e usato per scaldare case e uffici, dando nuova vita a quell’energia che altrimenti finirebbe dispersa. In un Paese dove mantenere il calore in casa è tutto tranne che semplice, questa soluzione apre nuove prospettive per la gestione delle risorse. Il calore prodotto dai server, una fonte un tempo vista solo come un problema da smaltire, si trasforma in un grande vantaggio ambientale ed economico. Meno emissioni, bollette più leggere per le famiglie: due risultati che contano. Il tutto funziona grazie a condizioni climatiche e infrastrutturali non banali; una combinazione che la Finlandia – insomma – ha costruito con pazienza e attenzione nel tempo.

Il flusso di calore recuperato dai data center

In pratica, si estrae il calore dall’acqua che serve a raffreddare i server nei data center. Questa acqua, riscaldata nel processo, contiene una buona quantità di energia termica. Il passo successivo prevede l’uso di pompe di calore specializzate, in grado di alzare la temperatura sopra i 100°C, così da poter scaldare interi edifici. Ecco perché, integrando queste tecnologie con le reti di teleriscaldamento già presenti, si ottiene un calore continuo, anche durante i mesi più gelidi dell’anno. Un dettaglio niente affatto scontato per chi vive nelle fredde regioni del Nord Europa. Il risultato? Una fonte di calore costante e pulita, grazie a un’energia che altrimenti si disperderebbe senza lasciare traccia.

La Finlandia sfrutta il calore dei data center per riscaldare migliaia di case in modo ecologico
Un termostato, simbolo del controllo sulla temperatura domestica, mostra i numeri da 1 a 4, suggerendo regolazione e risparmio energetico. – esseessecostruzioni.it

Zone con climi rigidi come quelle finlandesi sono il terreno ideale per questo sistema, considerando l’alto fabbisogno di calore e la presenza capillare di reti di distribuzione termica già operative. Va sottolineato un aspetto spesso trascurato: una rete infrastrutturale moderna e flessibile fa la vera differenza. Quando manca, trasferire calore su scala ampia diventa un’impresa quasi impossibile. La Finlandia ha saputo combinare tecnologie avanzate, un posizionamento geografico favorevole e un sistema urbano organizzato. Insomma, il modello funziona ma si replica solo in certi contesti specifici.

I casi più significativi in Finlandia

Una storia a parte è quella di Mäntsälä, piccolo centro che vanta un impianto capace di produrre fino a 75 MW termici. Il risultato? Quasi il 70% del fabbisogno di calore della città viene coperto così, senza ricorrere a fonti tradizionali. Qui non si parla di sperimentazioni da laboratorio, ma di un approccio concreto, che regge durante gli inverni più freddi, quando il bisogno di calore si fa sentire di più. È il segno che il calore “perso” può diventare invece una risorsa da sfruttare.

A Espoo, Microsoft è all’opera con uno dei progetti di recupero più estesi a livello mondiale. Sono più di 100.000 le abitazioni che ora beneficiano di questo calore: meno spese per le famiglie e minori emissioni da combustibili fossili. Nella città di Hamina, Google segue una strada analoga, convogliando il calore residuo nella rete locale e provando a estendere il servizio anche oltre la propria infrastruttura, coinvolgendo la comunità. Questi esempi mostrano come un problema ambientale possa trasformarsi in una risorsa concreta – ma non basta solo la buona volontà: serve tecnologia adatta e un territorio che faciliti il processo.

Limiti e prospettive di una soluzione efficiente al Nord

Pur con tutti i vantaggi, il modello finlandese non è facilmente esportabile. I data center richiedono molta energia elettrica, richiesta che cresce, specie con la diffusione delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. E spesso, le strutture si trovano ben distanti dai centri abitati – per ragioni di costi o sicurezza – complicando il collegamento con le reti di teleriscaldamento, che restano concentrate nelle città. La rete infrastrutturale è insomma un limite evidente per una diffusione più ampia.

Il recupero del calore non elimina completamente l’impatto ambientale prodotto dai data center, ma agisce riducendo le emissioni nocive e usando l’energia a disposizione in maniera più efficiente. Anche altre nazioni del Nord Europa – Germania, Norvegia, Svezia – hanno iniziato a muoversi verso regolamenti che favoriscano il riuso del calore e l’adeguamento delle infrastrutture. Nel frattempo, la Finlandia diventa un esempio concreto di come, con un mix di condizioni favorevoli e reti ben integrate, il calore generato dai data center può entrar a far parte della vita quotidiana. Si tratta comunque di una risposta parziale, certo, ma significativa in un settore che cresce rapidamente e non si può più ignorare.

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